In questo articolo abbiamo approfondito cosa sono le soft skills e perché oggi sono sempre più richieste nel mercato del lavoro.
Ma competenze come empatia, flessibilità, intelligenza emotiva, problem solving non riguardano solo chi cerca un’occupazione: rappresentano uno strumento strategico per manager e recruiter, per leggere i profili, costruire team e gestire contesti in evoluzione.
Le organizzazioni, spesso, faticano a individuare le soft skills in fase di selezione, anche quando un CV è ben costruito.
Secondo un sondaggio di LinkedIn, il 68% del top management HR cerca di cogliere queste competenze osservando:
- espressioni del volto;
- linguaggio del corpo;
- tono della voce.
È una valutazione sottile ma fondamentale: individuare candidati che possiedono già soft skills ben sviluppate è spesso più vantaggioso che doverle trasmettere dopo l’assunzione.
Strumenti per valutare le soft skills: cosa possono usare recruiter e manager
Per i recruiter è senza dubbio importante chiarire già in fase di job description le competenze trasversali richieste, possono inserirle nelle campagne di employer branding e portarle esplicitamente nei colloqui.
Oggi, strumenti come i test situazionali, le interviste comportamentali e i role play supportano l’identificazione di queste attitudini. Ma il punto centrale resta sempre uno: avere ben chiaro il tipo di cultura aziendale in cui le soft skills devono inserirsi. Non esistono competenze “giuste” in assoluto, ma quelle più corrette per un determinato contesto.
Affiancare i vantaggi del ruolo a situazioni concrete da affrontare, ad esempio, aiuta a far emergere capacità come resilienza, spirito di adattamento, gestione dello stress.
Come le soft skills migliorano la gestione dei team
Per i manager, le soft skills sono leve quotidiane. Un esempio classico è la gestione dei conflitti: un responsabile di team che riesce a facilitare un confronto, invece di spegnerlo, crea coesione anche nei momenti di tensione. Un altro esempio riguarda la gestione del tempo. Un team leader che sa negoziare le priorità, evitando il sovraccarico, dimostra capacità organizzativa, empatia e orientamento al risultato.
La leadership empatica, oggi, è tra le più apprezzate: si tratta di saper ascoltare, dare feedback efficaci, motivare in modo coerente e costante. Questo approccio si basa anche su un buon livello di intelligenza emotiva – la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle degli altri – utile a prevenire conflitti, rafforzare la fiducia e leggere il clima del team in modo lucido.
All’empatia si affianca sempre più spesso la leadership strategica che serve non solo a guidare le persone nel quotidiano, ma anche a orientare le scelte sulla base di obiettivi a medio-lungo termine. adattando ruoli, competenze e risorse ai cambiamenti del contesto.
Sono tutte abilità difficili da improvvisare, ma fondamentali per creare ambienti di lavoro stabili, produttivi e in evoluzione.
Metterle in pratica è importante, e lo è altrettanto creare le condizioni perché possano essere sviluppate all’interno dei team.
La responsabilità del leader, infatti, non si esaurisce nella propria capacità individuale, si estende alla promozione di una cultura in cui le soft skills diventino patrimonio condiviso.
Formare le soft skills internamente: una priorità per le aziende
Non sempre le soft skills desiderate sono già acquisite. Per questo molte aziende investono nella formazione interna, con percorsi volti a sviluppare consapevolezza, gestione delle emozioni, comunicazione assertiva.
In questo contesto, il ruolo del management è doppio: promotore del cambiamento e partecipante attivo. Affiancare la crescita tecnica a quella relazionale permette alle persone di affrontare i cambiamenti con fiducia nei colleghi e nell’azienda stessa.
AI e HR: come cambia la valutazione delle competenze
Secondo l’IBM Institute for Business Value, nei prossimi tre anni oltre 120 milioni di lavoratori nei Paesi più sviluppati avranno bisogno di un percorso di reskilling.
E l’intelligenza artificiale che ruolo può avere? L’automazione e l’intelligenza artificiale stanno ridefinendo il lavoro in molti settori. L’uso dell’AI nei processi HR non riguarda solo la selezione. Oggi le tecnologie possono aiutare a identificare il potenziale inespresso dei team, mappare le skills effettive, suggerire percorsi di crescita e apprendimento personalizzati. L’AI, se ben calibrata, può rafforzare il ruolo dell’HR come funzione strategica: meno operativa, più orientata a far emergere valore umano nei contesti aziendali.
In questo scenario, le soft skills – flessibilità, capacità di adattamento, gestione del tempo – sono considerate le più difficili da trovare, ma anche quelle decisive per affrontare il cambiamento. Le soft skills non sono quindi ormai un’aggiunta, ma una base su cui costruire selezione, sviluppo e leadership.
Per recruiter e manager, imparare a intercettarle, valutarle e coltivarle è diventato parte integrante del ruolo. Un passaggio necessario per affrontare i cambiamenti con strumenti umani e rendere il lavoro – oggi più che mai – uno spazio di crescita condivisa.